Ricordo del senatore Murmura da parte della senatrice Rosa Russo Iervolino 3


Desidero innanzitutto ringraziare Maria e le sua figliole per avermi invitata a ricordare con voi l’amico carissimo Senatore Antonino Murmura e, naturalmente, scusarmi per non essere fisicamente a Vibo Valentia.
Da alcuni mesi una noiosa e dolorosa artrosi lombare, che sto combattendo e alla quale non intendo assolutamente arrendermi, mi rende impossibili spostamenti che non siano semplici e brevi.
Sarebbe stata una grande gioia parlare del Senatore Murmura fra la sua gente che tanto intensamente amava ed in un contesto di relatori – Maria Romana De Gasperi, Gerardo Bianco ed Alessandro Forlani – più che mai illustri e cari. Con queste mie brevi, ma convinte considerazioni consideratemi – vi prego – presente fra di voi ed unita a voi nell’esprimere tutta l’ammirazione, l’affetto, la stima che Antonino Murmura ha meritato e merita.

Viviamo in un periodo difficile non solo dal punto di vista economico ma anche per la caduta, o quanto meno per l’indebolimento, di una serie di valori che ritenevamo essere fortemente radicati. Questo fenomeno si palesa in moltissimi comparti della vita, ma – purtroppo – soprattutto nel settore politico. Caduta di motivazioni ideali, forte prevalenza di interessi personali sul bene comune, corruzione, mancanza di cultura, disinteresse per il proprio territorio e per i cittadini, forzature delle stesse regole fondamentali della democrazia, assuefazione alle situazioni più drammatiche quali la miseria e la disoccupazione emergono con sempre maggiore forza. Per fare solo qualche esempio il 43% dei giovani senza lavoro, 1600 immigrati morti nel Mediterraneo, sono dati agghiaccianti che non scuotono più in profondità la totalità delle coscienze civili. E’ un fenomeno che in modo drammatico si è accentuato negli ultimi anni ma che, purtroppo, ha radici antiche, se pensiamo che Giuseppe Dossetti, nel ricordare Lazzati nell’ottavo anniversario della sua morte, già nel 1994, sottolineava “l’incapacità di pensare politicamente, la mancanza di grandi punti di riferimento e l’esaurimento intrinseco di tutta una cultura politica e di un’etica conseguente”.
Ci fermiamo comunque a guardare la situazione italiana perché ciò che il mondo pone sotto i nostri occhi è ancora più terribile: decapitazioni, torture, privazioni di libertà, fame, mortalità infantile, solo la voce alta, profonda e forte di Papa Francesco parla alle nostre coscienze addormentate.

Ma tornando all’Italia, ci meravigliamo se – dato quello che abbiamo sottolineato prima – si è fortemente incrinato il rapporto fra cittadini ed istituzioni? Se è diminuita la partecipazione al voto e la stima e la fiducia verso chi opera in politica?
Ricordare il Senatore Murmura significa allora mostrare non solo che “un’altra politica” è teoricamente possibile ma che c’è stato chi, per tutta la vita, l’ ha praticata onorando le istituzioni, facendo il bene della propria terra e meritando non solo la fiducia, ma l’affetto e la riconoscenza della propria gente. Giorgio Amendola parla di politica come “scelta di vita” e certamente il Senatore Murmura ha fatto della politica una scelta di vita. Ma c’è modo e modo di farla questa scelta. C’è chi la fa perché è incapace di fare altro e perché la ritiene la strada più facile e percorribile per il guadagno economico e per il successo. E c’è chi la fa perché ha dentro di sé un patrimonio di cultura, di capacità di analisi, di progettualità realizzatrice che intende mettere a servizio della comunità, perché ha passione per la propria terra e la propria gente, perché ha il sogno di rendere sempre più giusta ed umana la condizione di vita di un popolo. Che il Senatore Murmura appartenga alla seconda categoria di persone non vi è dubbio.
Laureatosi brillantemente a Napoli, avvocato cassazionista ed amministrativista, autore di numerose pubblicazioni, uomo di scienza e di cultura, lo ricordo al Senato come relatore di numerosi, complessi e delicati provvedimenti: la istituzione dei TAR e delle Sezioni regionali della Corte dei Conti, la Riforma della Polizia di Stato, la istituzione del Dipartimento della protezione Civile, la legge sulle autonomie locali: quando c’era un provvedimento innovativo ed importante in materia ordinamentale si sapeva a chi affidarlo. Anche i capigruppo DC che si sono succeduti _ Bartolomei, De Giuseppe, Mancino – non hanno mai avuto dubbi. Non è contrastante ma integrativa di questa logica il suo impegno per la istituzione della provincia di Vibo Valentia perché, in modo armonico rispetto a leggi di carattere generale, il Senatore Murmura non poteva certo dimenticare la sua terra e le sue aspirazioni civili.

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Anche da antico sindaco vedo con forte preoccupazione questo guardare alle autonomie locali solo in termini di costi, sottovalutando il fatto che una democrazia, se vuole essere sostanziale, deve essere articolata e che le autonomie locali sono non solo parte integrante della nostra storia, ma risposta alle diversità del nostro territorio e fondamento del disegno costituzionale. Non sarebbe stato impossibile, ad esempio in materia di province, scegliere, al posto di una logica confusamente abolizionista, una via di contenimento e di razionalizzazione delle competenze e dei costi.
Voglio comunque ricordare un pensiero di Duverger che mi ha colpito negli anni dell’Università e che non mi ha più abbandonato. Anche allora si discuteva della presunta contrapposizione fra “idealisti” e “realizzatori” fra “uomini di pensiero” e “uomini di azione” ma Duverger sottolineava con forza che, in politica, gli idealisti, gli uomini di pensiero sono i veri innovatori e rinnovatori perché la ricchezza interiore che posseggono dà loro la forza per rovesciare le situazioni ingiuste. Tuo marito, carissima Maria, era un uomo di tale fatta.
Antonimo Murmura dieci volte riconfermato dalla volontà popolare. Prima Sindaco, poi Consigliere e Assessore Provinciale, poi di nuovo sindaco, poi eletto senatore e riconfermato per sette volte.
Non è questa la sede per commentare fatti di attualità. Certamente, però, in un momento in cui tanto si discute su candidature bloccate. Cioè su scelte che, con buona pace della sovranità popolare sono fatte dall’alto, non può non stupire questo sereno ripresentarsi al popolo per ben dieci volte e queste dieci serene e piene conferme.
Probabilmente al senatore Murmura non sarebbe neanche venuta in mente la possibilità di essere “nominato” invece che “eletto”. Non si tratta di diverse tecniche elettorali ma di diverso modo di intendere la politica ed il rapporto fra cittadini, partiti ed istituzioni.

Il nominato è naturalmente fedele a chi lo ha fatto nominare e ne cura il successo, l’eletto è fedele ai suoi elettori e ne segue ed affronta i problemi. Tutto questo per non parlare di quella straordinaria esperienza umana e culturale che è la campagna elettorale. Una fatica enorme ma una “full immertion” fra i problemi e la gente del proprio territorio, un bagno di conoscenza, di umiltà di capacità di resocontare il proprio lavoro, una impresa collettiva di costruzione di futuro che crea rapporti solidi e preziosi di amicizia e di solidarietà.
Una esperienza-se ben fatta- utile per l’etica della politica ed umanamente arricchente per chi ha cuore, intelligenza, cultura e può permettersi il doveroso lusso di una buona politica.
IL senatore Murmura in Parlamento. Ho già detto degli importantissimi provvedimenti che, per la sua ampia e solida cultura non solo giuridica gli sono stati affidati come relatore, ma c’è molto altro. Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, membro di importanti Commissioni bicamerali: la Commissione Antimafia e la Commissione di Controllo dei Servizi Segreti.
Non vi meravigliate però se mi soffermo un momento su un incarico che chi ha vissuto la vita parlamentare giudica centrale e difficile, mentre può a tutta prima apparire marginale. Antonino Murmura è stato anche presidente del Comitato Pareri della Commissione Affari Costituzionali del Senato. Mi spiego: in Parlamento due sono le Commissioni “filtro”: la Commissione Affari costituzionali e la Commissione Finanze e Tesoro. Cioè nessun provvedimento che comporti un costo per il Bilancio dello Stato può andare avanti senza il parere della Commissione Tesoro che ne attesti la conformità all’art. 81 della Costituzione, cioè la sussistenza della copertura economica e nessun provvedimento in assoluto , – abbia o non abbia un costo economico- può andare avanti senza il parere della Commissione Affari Costituzionali che ne certifichi appunto la conformità costituzionale. Il che significa che il senatore Murmura, Presidente del Comitato pareri di quella Commissione, doveva esaminare tutte le leggi -che passavano per il Senato. Un compito faticosissimo che richiede elasticità mentale, una grande e poliedrica cultura ed una fortissima onestà intellettuale anche per tenere ben distinte (e non sempre la cosa è facile o indolore) le proprie idee personali o politiche dai rilievi costituzionali.

E al Governo, al Ministero della Marina Mercantile ed al Ministero dell’Interno, Murmura ha portato la ricchezza della sua esperienza di parlamentare e di persona che ha governato le comunità locali.
Vi è una caratteristica nell’agire politico di Antonino Murmura che mi ha sempre colpito: il rispetto e l’ascolto attento dell’avversario che, pur nella assoluta fedeltà ai propri ideali, lo portava a cogliere e valorizzare ciò che di positivo incontrava nelle posizioni altrui.
Ho pensato a lui quando, rileggendo il discorso fatto da Dossetti nel 1986, in occasione della consegna dell’Archiginnasio d’Oro da parte del sindaco di Bologna, Dossetti ricorda “il confronto con Palmiro Togliatti che –pur nella netta diversità della concezione generale antropologica e quindi politica- molto mi arricchì con la sua vasta esperienza storica e con la sua passione per un rinnovamento reale del nostro Paese rispetto alla situazione pre-fascista”.
Ottimo maestro Dossetti, ottimo discepolo il vostro senatore.
Un’ultima considerazione vorrei fare perché illumina un aspetto del carattere di Antonino Murmura che ricordo con affetto e gratitudine: la sua umanità. Gli anni che abbiamo vissuto assieme al Senato sono stati anni durissimi; gli anni del terrorismo che hanno colpito tanto da vicino il nostro Partito. Ci pensavo durante la bellissima e devota cerimonia funebre che Maria e le sue figliole hanno organizzato a Roma a Sant’Ivo alla Sapienza. La Chiesa stracolma di personalità di tutti i partiti politici segno della stima e dell’affetto di cui godeva il Senatore Murmura, il ricordo bellissimo e sentito fatto dal Presidente della Associazione ex parlamentari, l’amico Gerando Bianco, la musica venuta dalla tua terra. Ma il mio pensiero andava ad altre sere colme di tristezza nelle quali era difficile avere coraggio e speranza: la sera dell’uccisione del nostro collega Roberto Ruffilli, quella dell’assassinio di Vittorio Bachelet, i giorni di angoscia del rapimento e poi dell’uccisione di Aldo Moro.
Finiti i lavori ci trovavamo a Sant’Ivo a pregare spesso con la discreta e preziosa presenza dell’indimenticabile Cardinale Poletti, ma anche a farci coraggio a vicenda. E il Senatore Murmura c’era. Con quella sua aria che vorrei definire “seriosa” che nascondeva grande delicatezza di cuore sempre pronto a mettere una mano sulla spalla, a dire una parola di conforto e di coraggio a chi era più frastornato. Segno ed espressione di una profonda umanità e – se intuisco bene – anche di una grande fede non esibita ma profonda, non in contrasto ma anzi fondamento di una rigorosa laicità della politica.
Laicità intesa come pieno rispetto delle idee di tutti i cittadini, attenzione severa a non strumentalizzare la Chiesa per fini politici, autonomia e libertà di giudizio, assunzione piena della responsabilità delle proprie scelte.
Un patrimonio prezioso per una buona politica.

Questo (e, per la verità, molto altro) è stato ed è il Senatore Antonino Murmura e Maria, le figliole, voi che siete la sua gente, la gente che egli ha amato, potete e dovete essere fieri di Lui.

Rosa Russo Iervolino